Sport e limiti: i suggerimenti del coach Mazzanti, allenatore della Nazionale femminile di pallavolo
Come si comporta un professionista davanti a un limite?
Cosa accomuna un medico e uno sportivo?
A queste domande hanno risposto lo scorso 28 ottobre Davide Mazzanti, CT della Nazionale di pallavolo femminile campione d’Europa e Andrea Marconi, fisioterapista della squadra dialogando con il professor Roberto Gatti, presidente del corso di laurea in Fisioterapia di Humanitas University durante un convegno che si è tenuto proprio nel campus di Pieve Emanuele, e a cui hanno partecipato studenti di tutti i cori di laurea. «Quando esci dall’università – ha raccontato il coach marchigiano tornato vincitore dalla competizione europea di agosto – non sei mai soddisfatto perché ti sembra che, entrando nel mondo del lavoro, ti manchi comunque qualcosa. Perché sei consapevole che c’è differenza tra il sapere e il saper fare». Il mondo “fuori” però insegna anche un terzo valore fondamentale: imparare a essere una persona «che si mette in discussione sia quando vince che quando perde». Un limite che, come spiega Mazzanti, è «sottilissimo, perché la cosa più difficile da sopportare è che se vinci sei considerato un eroe mentre se perdi sei un idiota». E quindi «bisogna imparare a dare un nome alle cose». L’allenatore ha quindi ricordato il Mondiale del 2018 quando «nessuno si aspettava da noi una prestazione di quel tipo e si sarebbero accontentati di “un secondo posto che valeva come oro”. Ma noi non ci accontentammo. In questo lavoro non basta essere ottimisti, bisogna essere tosti». E puntare sempre più in alto, sfidando quel limite che esiste per tutti, anche per il medico quando si trova davanti un paziente.
Per il fisioterapista della Nazionale di pallavolo femminile Andrea Marconi, il limite si affronta solo «con un duro lavoro: le nostre atlete si allenano per molte ore ogni giorno, hanno periodi di recupero brevissimi e di solito sono dovuti a infortuni. Ma la loro preparazione viene fatta con un team di professionisti che lavorano insieme per ottenere il risultato migliore». E i risultati con la squadra sono arrivati, eccome. «Quando ho iniziato a fare l’allenatore – ha raccontato Mazzanti – ero convinto che non sarei mai arrivato, avevo uno stile diverso da tutti gli altri e a volte mi sembrava quello sbagliato. Poi, col tempo ho capito che bisogna guardare gli altri, sì, avere dei modelli, ma cercare il proprio stile, perché se copi un modello che non fa per te, allora non riesci ad arrivare dove vuoi».
Un altro tassello per arrivare a stare davanti al limite. A cui si aggiunge una capacità di lettura e interpretazione delle situazioni che diventa fondamentale soprattutto quando si lavora con un team così diversificato, con tante personalità diverse: «Bisogna calarsi nella situazione del momento, adottare uno stile diverso se necessario. E soprattutto, io promuovo tanta libertà in palestra perché senza libertà è impossibile innescare delle leadership. In questo modo, ovviamente, ci sono tantissimi conflitti ma è l’unico che conosco per portare una squadra al limite, altrimenti mi sembra di fare sempre un compitino».