Ormoni sessuali e risposta immunitaria: nuove prospettive terapeutiche contro il cancro
Le immunoterapie, pur avendo rivoluzionato il trattamento di molti tumori solidi, non risultano efficaci allo stesso modo in tutti i pazienti. In particolare, numerosi studi evidenziano una differente risposta terapeutica nei due sessi: una recente meta-analisi sugli inibitori dei checkpoint immunitari ha rivelato che, in diciannove dei venti trial analizzati, i benefici di sopravvivenza erano maggiori negli uomini rispetto alle donne.
Questo fenomeno è stato confermato anche dai ricercatori di Humanitas, da anni impegnati nello studio delle differenti risposte di uomini e donne alle terapie oncologiche, un progetto sostenuto anche da Fondazione Humanitas per la Ricerca. I ricercatori hanno anche segnalato una significativa sotto-rappresentazione delle donne negli studi clinici sugli inibitori dei checkpoint immunitari negli ultimi dieci anni, un fenomeno che è all’origine della nostra comprensione solo parziale delle risposte immunologiche nel sesso femminile. È ora fondamentale colmare questo divario nelle conoscenze e trovare soluzioni per migliorare l’efficacia delle immunoterapie anche nelle donne.
Fabio Conforti, ricercatore di Humanitas University e oncologo medico di Humanitas Gavazzeni, e il prof. Alberto Mantovani, Presidente di Fondazione Humanitas per la Ricerca e Direttore Scientifico Emerito di IRCCS Istituto Clinico Humanitas, hanno affrontato questa tematica in una recente review pubblicata su Cancer Cell. Gli autori avanzano l’ipotesi che, oltre ai fattori tumorali, gli ormoni sessuali – e in particolare il loro impatto sul microambiente tumorale – influenzino l’efficacia delle immunoterapie. Questa scoperta spiegherebbe la differenza di efficacia nei due sessi e suggerisce che la manipolazione degli ormoni sessuali potrebbe migliorare la risposta alle immunoterapie, offrendo così una strategia terapeutica più mirata ed efficace, anche per le donne.
Il divario di genere nella ricerca clinica: la scarsa rappresentanza delle donne
Storicamente, le donne sono state sottorappresentate nella ricerca clinica, specialmente negli studi sugli immunoterapici. La preoccupazione per il rischio di eventi avversi legati al sistema immunitario, in particolare nei pazienti con malattie autoimmuni, ha contributo alla loro esclusione dai trial, dal momento che le donne costituiscono l’80% dei pazienti affetti da queste patologie. Come sottolineato da Fabio Conforti: “Questa mancanza di inclusione ha impedito una comprensione adeguata delle risposte immunologiche nelle pazienti femminili, ritardando la scoperta delle differenze nella risposta agli immunoterapici. Non solo, ma anche negli studi in cui le donne sono meglio rappresentate, i risultati spesso non sono disaggregati e non è possibile trarre conclusioni specifiche per i due sessi”.
Gli ormoni come fattori determinanti nell’efficacia dell’immunoterapia
Uno degli aspetti chiave emersi dall’analisi della letteratura condotta dal team di Humanitas è il ruolo degli ormoni sessuali nel modulare la risposta immunitaria. ”Gli ormoni, in particolare estrogeni e androgeni, esercitano una forte influenza sulle risposte immunitarie, promuovendo meccanismi di immunosoppressione nel microambiente tumorale,” spiega Alberto Mantovani “Ecco perché le fluttuazioni ormonali, tipiche del ciclo mestruale e della menopausa nelle donne, potrebbero interferire con l’efficacia delle immunoterapie.” Gli ormoni sessuali potrebbero essere quindi cruciali per comprendere le differenze tra i sessi nella risposta ai trattamenti oncologici. Allo stesso tempo potrebbero offrire una nuova strategia terapeutica.
Cosa fare ora: manipolazione degli ormoni sessuali e immunoterapia
La manipolazione degli ormoni sessuali in combinazione con l’immunoterapia rappresenta una nuova promettente frontiera terapeutica. Gli autori della review suggeriscono infatti che “agire sugli ormoni sessuali potrebbe essere una strategia promettente per potenziare l’efficacia dell’immunoterapia, aprendo la strada a trattamenti personalizzati che tengano conto delle specificità di sesso e di ormoni”.
Tuttavia, questo approccio solleva diverse sfide metodologiche. La principale difficoltà risiede nell’interazione complessa tra sesso, ormoni sessuali e risposta immunitaria, che variano in modo significativo tra uomini e donne e di cui ancora sappiamo poco.
“Sono necessarie ulteriori ricerche per esplorare come genetica, fisiologia, patologie e stile di vita interagiscano con gli ormoni sessuali, influenzando così la risposta immunitaria antitumorale. Ed è necessario condurre studi clinici più inclusivi, che considerino le differenze di sesso nella risposta all’immunoterapia,” concludono Fabio Conforti e Alberto Mantovani. “Per promuovere strategie terapeutiche equi ed efficaci per tutti i pazienti sarà fondamentale il supporto delle agenzie regolatorie e la stretta collaborazione multidisciplinare tra oncologi, immunologi, endocrinologi e statistici.”