Investire sulla conoscenza e sui giovani per rilanciare l’Europa
Oggi l’Europa è in una posizione di grande difficoltà e debolezza, soprattutto rispetto allo sviluppo crescente della Cina, che sta assumendo un ruolo globale egemonico, e degli Stati Uniti, che, per mantenere la sua indipendenza tecnologica, impone dazi e contromisure.
Come può, allora, vincere la sfida dello sviluppo futuro?
Lo abbiamo domandato a un grande esperto, Gianfelice Rocca, Presidente del Gruppo Techint, tra i leader mondiali nei settori della siderurgia, energia e infrastrutture, nonché Fondatore dell’Istituto Clinico Humanitas.
Qual è il principale problema dell’Europa oggi?
L’Europa si trova in una profonda crisi che parte dallo smarrimento dello stesso senso di appartenenza e dalla diffusione progressiva di un clima di sfiducia tra i popoli. L’Europa è un sogno a cui non possiamo rinunciare e che non dobbiamo confondere con l’attuale modello organizzativo e governativo dell’Unione Europea.
Di che cosa avrebbe bisogno, quindi?
All’Europa oggi servirebbe una sorta di Piano Marshall (il piano politico-economico per la ripresa europea dopo la Seconda guerra mondiale) per non rischiare di ricadere nella crisi europea del 1931.
Solo un’Europa con un mercato unico e regole comuni, colta e competitiva sul piano tecnologico può avere un ruolo da protagonista nello scenario mondiale.
Quale può essere il motore dello sviluppo futuro dell’Europa?
Un’Europa coesa, che punti sui grandi investimenti nelle infrastrutture, (“un’Europa dei ponti e non delle barriere”), sulla conoscenza, sulla ricerca, sul rafforzamento del suo capitale umano e sulle università.
Com’è la situazione italiana?
Le difficoltà italiane sono principalmente: la scarsa produttività, l’inefficienza della pubblica amministrazione, i tassi di crescita inferiori alla media, le tasse troppo elevate e il ridotto numero dei laureati. Con sempre più pensionati e sempre meno giovani al lavoro non si fa altro che caricare nuovi oneri su questi ultimi, che, infatti, appena possono vanno all’estero per “liberarsi” di questo zaino.
Che cosa suggerisce allora per il rilancio dell’Italia?
Bisogna recuperare linguaggi e toni più distesi nel rapporto tra politica e industria e anche nei confronti dell’Europa, smettendo di utilizzare quest’ultima come alibi per giustificare l’origine delle difficoltà italiane. Occorre guardare avanti senza recriminare sul passato o combatterci, perché rinunciare al sogno europeo sarebbe una condanna alla marginalità assoluta.
Qual è la sua visione per il futuro dell’Europa?
Io sono fiducioso che potremo rilanciare l’Europa. A essere convinti di ciò sono in particolare i giovani provenienti da tutto il mondo che affollano Humanitas University, il campus scientifico inaugurato un anno fa.
Qui c’è la ricerca, qui i ragazzi si preparano al futuro, scambiano idee, incontrano opportunità.