Il ruolo del microbiota nella cura delle malattie
È ormai noto che il microbiota riveste un ruolo fondamentale per garantire il buon funzionamento di tutto il nostro organismo. Durante la nostra vita esso subisce molti cambiamenti; oggi sappiamo che il tipo di parto influisce sulla sua composizione, che l’allattamento materno lo aiuta a mantenersi sano, che da adulti si stabilizza, ma può sempre essere modificato intervenendo sulla sua composizione, e che nelle persone anziane entra in una fase di maggiore fragilità.
Ecco perché è fondamentale prenderci sempre cura del microbiota, che può fare molto per noi e molto farà in futuro soprattutto nel campo delle terapie.
Ne ha parlato, in un’intervista su Rai2, la professoressa Maria Rescigno, group leader del Laboratorio di Immunologia delle mucose e Microbiota di Humanitas e docente di Patologia Generale in Humanitas University, rispondendo ad alcune domande.
Professoressa Rescigno, su che cosa vertono le sue ricerche?
Noi ci occupiamo principalmente di capire come il microbiota intestinale ha degli effetti su alcune patologie. In particolare, studiamo la steatosi epatica, il diabete di tipo 2 e l’obesità (che sono poi malattie correlate), e anche come il microbiota può influire sullo sviluppo dei tumori. In generale ciò che ci interessa maggiormente sono i meccanismi, studiando i quali possiamo anche identificare un microbiota che cambia in alcune patologie e, quindi, essere poi predittivo dello sviluppo di una malattia.
Che tipo di analisi effettuate?
Principalmente, effettuiamo quelle analisi che ci permettono di identificare la composizione del microbiota in alcuni pazienti affetti da determinate patologie, dopodiché studiamo come quel microbiota influisce sul sistema immunitario. Infatti, esistono due classi di microrganismi all’interno del microbiota: quelli che hanno un’attività più infiammatoria e che, quindi, possono essere coinvolti nei processi infiammatori (come nelle malattie infiammatorie croniche) e quelli che, invece, hanno un’attività di inibizione della risposta immunitaria e che, quindi, possono essere coinvolti in patologie, come i tumori, dove il sistema immunitario viene depresso.
Quali sono i vostri obiettivi a breve-lungo termine?
Il nostro obiettivo principale è di riuscire a identificare i ceppi di batteri che hanno proprietà inducenti delle patologie. Inoltre, di capire se questi possono essere predittivi di malattie e in che modo inducono la malattia stessa. Il fine è quello di scoprire quali sono i meccanismi patologici e, soprattutto, se possiamo trovare degli approcci terapeutici che siano in grado o di inibire lo sviluppo di quei batteri che sono coinvolti nella patologia, oppure, nel caso in cui identificassimo dei batteri che invece vengono a mancare durante il processo patologico, di restituire questi ultimi per ritrovare la situazione di benessere del nostro organismo.
Che cosa possiamo fare per prenderci cura del nostro microbiota?
Poiché occorre considerare il nostro microbiota come un organo, tutto quello che introduciamo nel corpo non serve solo per la nutrizione del nostro organismo, ma anche per quella del microbiota stesso.
Oggi sappiamo che ci sono alimenti che espandono alcune popolazioni batteriche. Di conseguenza, attraverso un’alimentazione corretta e soprattutto varia cerchiamo di fare in modo che ci sia un microbiota il più diverso possibile e che in esso siano presenti sia i ceppi più infiammatori sia i ceppi antinfiammatori, perché abbiamo bisogno di entrambi affinché il nostro sistema immunitario si trovi nelle condizioni ottimali e possa rispondere al meglio a qualsiasi stimolo. Per cui, il mio consiglio, al momento, è semplicemente di avere un’alimentazione sana e regolare. In futuro, speriamo con le nostre ricerche di poter identificare quei ceppi di batteri che potranno essere o restituiti o eliminati durante i processi patologici.