Il progetto Bangui di Humanitas University: cooperazione e istruzione per i medici centrafricani anche nell’anno della pandemia
Un progetto affrontato con entusiasmo e convinzione, senza dimenticare il valore dell’altruismo nemmeno in un anno pieno di difficoltà dovute alla pandemia mondiale. Il progetto Bangui di Humanitas University anche nel 2020 ha mantenuto vivo il legame tra Milano e la capitale della Repubblica Centrafricana.
Insieme all’ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, Humanitas contribuisce alla formazione dei giovani medici in un Paese caratterizzato da povertà estrema, travagliato da lotte intestine tra gruppi armati che si contendono le ricchezze minerarie e naturali del territorio. In seguito alle ultime elezioni, tenutesi il 27 dicembre 2020, la violenza è nuovamente esplosa. Decine di migliaia di persone sono state costrette a fuggire all’estero o rifugiarsi nella capitale, la sola zona sotto il controllo del governo centrale.
Il progetto Bangui, cui Humanitas University ha aderito nel 2018, ha un obiettivo ambizioso: contribuire alla ricostruzione del percorso universitario, quasi del tutto cancellato dalla guerra. A partire dai Corsi di laurea in Medicina per continuare con la Scuola di specializzazione in Pediatria. Per formare professionisti e fornire competenze essenziali in una zona del mondo che ha un’alta natalità, ma anche una forte mortalità infantile.
La Dott.ssa Maria Grazia Bordoni, Responsabile di Chirurgia Vascolare II in Humanitas e coordinatrice del progetto Bangui per Humanitas University, traccia così il bilancio del 2020: «Sono stati mesi molto complicati per la pandemia, ma anche per le elezioni. La situazione non è per niente tranquilla e c’è molta preoccupazione per la sicurezza dei colleghi e degli studenti dell’università locale. Inoltre il Paese ha chiuso le frontiere per impedire la diffusione del Covid-19, ma in questo modo ha aumentato il proprio isolamento e si è ulteriormente impoverito».
In un quadro di grande difficoltà, il progetto non si è mai fermato. «Poco prima dell’esplosione della pandemia, lo scorso febbraio, abbiamo organizzato una trasferta che ha visto coinvolti i dottori Riccardo Fesce, Isabella Barajon e Licia Montagna di Humanitas insieme alla specialista esterna Luciana Zanon per un importante ciclo di lezioni, svolte in accordo con il locale ministero della Salute», spiega la dottoressa Bordoni.
Sempre nel mese di febbraio Humanitas University ha accolto due medici della Repubblica Centrafricana che hanno frequentato corsi di approfondimento su ecografia e diagnostica Tac: «A causa del blocco dei voli, sono rimasti fino a giugno. Hanno potuto continuare a frequentare l’ospedale anche dopo la fine del loro stage, vedendo anche come abbiamo risposto all’emergenza. Un’esperienza molto formativa per loro».
Nella seconda parte dell’anno il progetto Bangui è stato costretto a rallentare a causa delle restrizioni internazionali. «Erano previste altre trasferte ad agosto e a settembre, che sono state sospese», ricorda la dott.ssa Bordoni, «ma stiamo lavorando sfruttando la didattica a distanza. Il Bambin Gesù ha creato una piattaforma dedicata su cui anche noi carichiamo i nostri corsi. Si tratta di materiali che restano a disposizione degli studenti in un importante trasferimento di competenze».
Grazie a questa piattaforma saranno avviate nuove attività formative anche per infermieri e fisioterapisti. «Si tratta di un contributo importante per un Paese che ha un estremo bisogno. Basti pensare che fino a tre anni fa c’era un unico pediatra in tutta la Repubblica Centrafricana. Anche formare un piccolo gruppo di specialisti rappresenta un’immissione importante di risorse in quella realtà».
Infine nel mese di dicembre è stata confermata una borsa di studio che Humanitas University ha dedicato a un giovane medico centrafricano per specializzarsi all’estero, non essendoci altre scuole oltre a Pediatria. Il contribuito è andato a uno studente che potrà frequentare l’Università di Dakar, in Senegal, una delle più antiche e importanti del continente, per poi rientrare a Bangui e contribuire a sua volta alla diffusione delle migliori pratiche mediche.
Un percorso lungo e difficile, in un contesto in cui la connessione a Internet è molto limitata e anche i libri di testo scarseggiano «ma che sta portando grandi soddisfazioni da entrambe le parti», conclude Bordoni, «lavorare con chi vive in uno stato d’emergenza costante ci permette di guardare con altri occhi alla nostra situazione attuale. Ed è un motivo di ulteriore impegno anche nel nostro agire quotidiano».