I nuovi dispositivi UV potrebbero essere la chiave per mantenere l’aria degli ambienti interni priva di virus
I raggi Far UV (ultravioletti lontani) sono una forma di radiazione ultravioletta utilizzata nel sistema di disinfezione GUV (dall’inglese Germicidal Ultraviolet) – ovvero una nota tecnologia di disinfezione utilizzata per uccidere e inattivare il virus SARS-CoV-2 e altri agenti patogeni che possono diffondersi facilmente negli spazi chiusi.
Il piano bar di Boston dove si esibisce Edward Nardell é un ambiente a rischio per la trasmissione di malattie tramite via aerea. Tuttavia, Nardell e il suo pubblico sono protetti da luci a raggi ultravioletti lontani montate sul soffitto, che prevengono la trasmissione del virus SARS-CoV-2.
Secondo il Dott. Nardell, medico e ricercatore specializzato in infezioni a trasmissione aerea presso la Harvard T.H. Chan School of Public Health di Boston, Massachusetts, la sicurezza dell’aria negli spazi chiusi inizia con la ventilazione, ma non si esaurisce qui. Sebbene esistano sistemi di ventilazione che ricambiano l’aria in una stanza, spesso sono inadeguati a fornire una disinfezione completa ed adeguata contro malattie facilmente trasmissibili come i coronavirus.
I sistemi per ambienti che compiono uno sforzo concertato per purificare l’aria interna, come quelli che utilizzano filtri HEPA (High Efficiency Particulate Air), sono più efficaci nel rimuovere le particelle pericolose. Tuttavia, presentano alcuni svantaggi:
- Sono costosi da installare e gestire
- Emettono frequentemente rumore
- Hanno una copertura limitata: potrebbero essere necessarie più unità per fornire una copertura completa del locale.
“È qui che la disinfezione dell’aria con la tecnologia UV diventa importante”, spiega Donald Milton, ricercatore in materia di salute ambientale presso la University of Maryland School of Public Health di College Park.
Secondo Milton, mediante i raggi ultravioletti germicidi (GUV) è possibile raggiungere livelli particolarmente elevati di disinfezione dell’aria con poca circolazione d’aria. Egli aggiunge che, grazie ad una tecnologia all’avanguardia, è possibile utilizzare una sola lampada GUV in tutta la stanza senza preoccuparsi del movimento dell’aria. Le radiazioni GUV possono operare in modo celato in aree affollate dove le malattie possono diffondersi facilmente, come scuole, ospedali e ristoranti.
A caccia di germi
I sistemi GUV convenzionali utilizzano lampade a base di vapori di mercurio per produrre luce facendo passare una corrente elettrica attraverso il mercurio vaporizzato (simile alle lampadine fluorescenti convenzionali). Le lampade emettono radiazioni UVC con una lunghezza d’onda di circa 254 nanometri. Raggi UV di questa lunghezza d’onda risultano tuttavia dannosi per esseri umani e animali, qualora ci siano esposti direttamente: possono causare danni fotochimici interrompendo gli acidi nucleici, inattivando anche virus e batteri patogeni, senza peró necessariamente eliminarli.
Le lampade sono ampiamente utilizzate per:
- Disinfettare l’acqua
- Pulire frutta e verdura
- Sanificare le superfici degli spazi chiusi, come le sale operatorie.
A causa degli effetti nocivi che questa lunghezza d’onda ha sugli occhi e sulla pelle umana, la luce emessa da questi sistemi viene tenuta lontana dalle persone. Ciò non ne preclude peró l’uso negli spazi pubblici. Il sistema di disinfezione GUV, ideato decenni fa, prevede l’installazione di lampade UV-C collocate nella parte superiore di una stanza o di un ambiente, puntate verso l’alto, sfruttando cosí il ricircolo naturale dell’aria per inattivare efficacemente gli agenti patogeni a distanza dalle persone.
Secondo William Bahnfleth, ingegnere architettonico della Pennsylvania State University di University Park specializzato in qualità dell’aria interna, questo approccio è efficace. L’idea di collocare le lampade nella parte alta della stanza deriva dal fatto che l’aria calda, che tende a salire, porta con sé i microrganismi presenti nell’ambiente. Muovendosi verso l’alto, l’aria passa attraverso la zona di irraggiamento delle lampade e ricircola poi verso il basso nell’area occupata.
Sebbene non esistano standard universalmente accettati e applicati per la qualità dell’aria negli spazi chiusi, gli obiettivi tipici sono espressi in termini di frequenza di ricambio dell’aria in una stanza all’ora. Negli ospedali statunitensi per esempio si raccomanda che le sale di visita abbiano sei ricambi d’aria all’ora. Ciò richiede un notevole dispendio di energia per i sistemi di ventilazione. I sistemi di disinfezione GUV invece possono facilmente raggiungere l’equivalente di due o tre ricambi d’aria a scopo di disinfezione, consumando molta meno energia di un sistema di ventilazione. “È quasi impossibile per una struttura che non sia un ospedale o un altro edifico particolare avere sei ricambi d’aria”, afferma Nardell. “Il sistema di disinfezione GUV è l’unico che consente di ottenere l’equivalente di un numero cosí elevato di ricambi d’aria, perché permette di disinfettare un volume d’aria molto elevato in una sola volta”.
Shelly Miller, ingegnere meccanico e specialista della qualità dell’aria interna presso l’Università del Colorado Boulder, ha condotto uno studio inedito su vari tipi di ventilazione, filtrazione, raggi UV e uso di maschere in diversi tipi di edifici. Secondo Miller, gli UV sono stati l’unica tecnologia che abbia raggiunto livelli di rischio accettabili, anche in ambienti come uffici, alberghi e scuole. Miller ritiene che gli UV siano uno strumento di purificazione dell’aria molto efficace ma sottoutilizzato.
Cavalcare onde più corte
In seguito agli studi condotti da William Wells, biologo dell’Università della Pennsylvania a Filadelfia, il sistema di disinfezione GUV a distanza è stato ampiamente adottato nelle scuole e negli ospedali alla fine degli anni Trenta e Quaranta. Wells e i suoi colleghi dimostrarono che la tecnica riduceva significativamente la trasmissione del morbillo nelle scuole della periferia di Philadelphia. Sebbene sistema di disinfezione GUV a distanza sia ancora utilizzato in molti reparti di tubercolosi, il suo uso è diminuito a causa della disponibilità di soluzioni più efficaci come i vaccini.
Sebbene il convenzionale sistema di disinfezione GUV sia efficace, presenta la limitazione della distanza dalle persone. L’aria viene pulita solo quando sale verso l’alto e passa attraverso la luce generata dai raggi germicidi ultravioletti GUV, lasciando così la possibilità agli agenti patogeni di spostarsi verso un nuovo ospite. Questa limitazione può essere superata utilizzando lunghezze d’onda inferiori.
Secondo David Brenner, fisico specializzato nella ricerca radiologica presso la Columbia University di New York, le lunghezze d’onda inferiori a 254 nm non penetrano altrettanto efficacemente nei tessuti; per questo motivo le radiazioni UV lontane, che hanno una lunghezza d’onda di 222 nm, risultano particolarmente interessanti. La luce non penetra oltre lo strato di cellule morte della pelle o oltre il film lacrimale sulla superficie dell’occhio. Poiché i batteri e i virus sono molto più piccoli di questi strati, le radiazioni UV lontane potrebbero potenzialmente distruggere gli agenti patogeni senza causare danni alla pelle e agli occhi. Brenner e i suoi colleghi hanno testato questa ipotesi utilizzando lampade contenenti gas cloruro di kripton, che rilascia radiazioni UVC principalmente nella gamma dei 222 nm dietro eccitazione elettrica.
Inizialmente progettata per migliorare la disinfezione nelle sale operatorie, i ricercatori della Columbia University si sono resi conto che le radiazioni UV lontane potevano ridurre la trasmissione dei virus aerei. In uno studio condotto nel 2018, hanno dimostrato che oltre il 95% dei virus influenzali presenti nell’aria venivano neutralizzati quando passavano attraverso una lampada a radiazioni UV lontane a bassa potenza. Il gruppo aveva precedentemente dimostrato che l’esposizione a basse dosi di radiazioni da 222 nm aveva effetti minimi sulle cellule di un modello 3D di pelle umana e sui topi. Altri studi, inoltre, non hanno riscontrato alcuna indicazione di danni agli occhi nei ratti esposti alle medesime radiazioni.
In seguito alla comparsa del COVID-19, gli scienziati della Columbia hanno condotto esperimenti analoghi su ceppi di coronavirus simili al SARS-CoV-2, anche in questo caso con buoni risultati. Per ampliare le loro indagini, hanno collaborato con scienziati del Regno Unito, tra cui un team dell’Università di Leeds che aveva accesso a una sala di sperimentazione di grandi dimensioni appositamente progettata per confinare gli agenti patogeni.
Gli esperimenti, condotti nella sala, hanno utilizzato batteri di Staphylococcus aureus sospesi nell’aria. Secondo Ewan Eadie – fisico medico presso l’Università di Dundee, Regno Unito nonché autore principale dell’articolo che illustra i risultati del team – questo microrganismo è relativamente facile da analizzare e più resistente ai raggi UV rispetto ai coronavirus. Eadie afferma che il team non aveva idea di cosa sarebbe emerso alla fine dell’esperimento.
Secondo Brenner, i risultati sono stati sorprendenti, con una rapida riduzione del livello di agenti patogeni nella stanza. Aggiunge che i ricambi d’aria equivalenti all’ora sono stati ben più di 100, il che rappresenta un miglioramento significativo.
In un rapporto pubblicato nel maggio 2022, Brenner e il suo team hanno già confermato che, durante un esperimento durato 66 settimane, l’esposizione a radiazioni UV lontane non ha causato il cancro alla pelle nei topi senza peli. L’obiettivo della loro ricerca futura è valutare i rischi per gli occhi e comprendere i meccanismi attraverso cui le radiazioni da 222 nm eliminano gli agenti patogeni.
Nonostante i risultati positivi degli esperimenti di laboratorio sulla disinfezione con raggi ultravioletti, permangono dubbi sull’efficacia di questa tecnologia in ambienti interni molto frequentati. Eadie osserva che i laboratori in cui vengono condotti gli esperimenti hanno condizioni igieniche elevate e ritiene che siano necessari dati reali per sostenere l’efficacia delle radiazioni UV lontane in tali ambienti.
È in corso uno studio clinico nelle case di riposo della Nuova Scozia, in Canada, per esaminare l’uso della luce a raggi ultravioletti per ridurre la diffusione delle malattie trasmesse per via aerea. Lo studio mira a monitorare l’incidenza del COVID-19 e di altre infezioni virali respiratorie tra 200 residenti. Metà di loro utilizza aree comuni dotate di lampade a raggi ultravioletti, mentre l’altra metà dispone di luci placebo identiche ma che non emettono luce a raggi ultravioletti. Lo studio è iniziato nell’ottobre 2021 e i risultati sono attesi per la fine del 2023.
Nardell ha riutilizzato una struttura di ricerca sulle infezioni trasmesse per via aerea a Emalahleni, in Sudafrica, per lo studio del COVID-19. La struttura era stata inizialmente progettata per studiare l’infezione da tubercolosi e dispone di un reparto a tre letti, dal quale l’aria viene trasferita alle stanze di esposizione che ospitano animali sensibili alla malattia in corso di studio, in questo caso i criceti. Nardell spiega che i criceti sono l’animale sperimentale preferito per il COVID. La struttura valuterà l’efficacia delle radiazioni UV lontane rispetto all’utilizzo del sistema di disinfezione GUV a distanza, monitorando i criceti per individuare eventuali sintomi della malattia.
Le lampade a raggi ultravioletti sono già state lanciate sul mercato e sono state installate in tutto il mondo, non solo negli edifici ma anche in aree a rischio di infezione come gli autobus. Tuttavia, molte aziende non hanno aspettato una ricerca verificata da esperti prima di rilasciare questi prodotti. Sebbene alcuni dispositivi siano commercializzati per uso domestico, Brenner avverte i consumatori di essere cauti, poiché l’uso di lunghezze d’onda sbagliate può causare seri danni.
Il costo degli apparecchi varia molto, ma il costo approssimativo per la vendita al dettaglio di una lampada installata da specialisti è di circa 2.000 dollari, con una durata prevista di circa 15 mesi in caso di funzionamento continuo. Sebbene vi sia la speranza che le lampade LED a raggi ultravioletti possano rappresentare un’alternativa più economica e duratura alle lampade a gas, gli attuali prototipi hanno livelli di potenza troppo bassi, afferma Eadie.
Per il momento, Nardell afferma che le lampade a raggi ultravioletti installate nel piano bar in cui si esibisce garantiscono circa 35 ricambi d’aria all’ora, rendendolo uno dei luoghi più sicuri del pianeta per cantare. Quando Brenner e il suo team sono stati invitati al bar, hanno partecipato a una serata di cabaret senza indossare maschere, contando sulla protezione fornita dalla luce invisibile emessa dalle lampade. Brenner ammette di essersi sentito in ansia durante la serata e di aver fatto diversi test COVID durante la settimana successiva, senza tuttavia risultare positivo.