Giornata Internazionale dell’Infermiere: due studenti raccontano la propria esperienza alla Mayo Clinic di Rochester
Il 12 maggio nasceva Florence Nightingale, fondatrice delle Scienze infermieristiche moderne: oggi, in questa data, si celebra la Giornata Internazionale dell’Infermiere.
Questa giornata ha l’obiettivo di promuovere il riconoscimento e la consapevolezza della centralità della professione infermieristica all’interno del Sistema sanitario nazionale e per la tutela del diritto alla salute dell’individuo.
Nel corso degli anni la figura dell’infermiere è diventata sempre più rilevante nel percorso di assistenza e cura della persona. Ad oggi, questa professione richiede competenze specifiche: dopo l’abilitazione fornita dalla Laurea triennale, è possibile iscriversi al Corso di Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche della durata di due anni.
Per affrontare un percorso di studi così impegnativo sono necessari determinazione, entusiasmo e curiosità. È questo ciò che ha spinto Susy Dal Bello e Alvarez Pellegrinelli, iscritti al secondo anno del Corso di Laurea Magistrale, a candidarsi per il Travel Grant, le borse di studio offerte da Humanitas University per finanziare progetti di tesi di laurea, ricerca o tirocini all’estero. Gli studenti hanno lavorato presso la Mayo Clinic di Rochester, in Minnesota, definita da Newsweek come “il miglior ospedale al mondo” nel 2023.
Alla Mayo Clinic Dal Bello e Pellegrinelli hanno fatto parte di un gruppo ristretto di sette persone di nazionalità ed esperienze differenti: due italiani, quattro cinesi e una coreana insieme per due settimane con un programma personalizzato.
“Ogni giorno – spiega Alvarez Pellegrinelli – è stato caratterizzato da un programma differente con ore in aula, eventi formativi ad hoc e la possibilità di confrontarsi con il personale sanitario. Il logo della Mayo Clinic è formato da tre scudi che riportano che rappresentano Formazione, Ricerca e Pratica: tutti coloro che lavorano all’interno seguono questi principi indipendentemente dal ruolo ricoperto. Vi è un grande rispetto per la professionalità di ognuno e la formazione continua consente il miglioramento delle diverse competenze. Inoltre, tutti possono proporre dei progetti di ricerca o suggerire delle correzioni dei processi per cui vengono supportati e affiancati. L’idea è che tutto possa essere migliorato: se non funziona si cambia. Abbiamo avuto modo, per quanto riguarda l’aspetto clinico, di lavorare all’interno di team multidisciplinari e di vedere in prima persona la standardizzazione delle procedure, che avviene attraverso precise linee guida. Tale standardizzazione ha permesso, tra le altre cose, di ridurre al minimo i tempi di degenza, come nel caso del trapianto di fegato, che prevede solo 5 giorni di ricovero. A questo scopo, oltre all’impegno dei team, è fondamentale l’informazione e l’educazione dei pazienti durate tutto il percorso di cura, realizzata sia dal personale sanitario (i Nurse educator), sia attraverso video tutorial per imparare a gestire al meglio la propria condizione una volta dimessi”.
“La voglia di conoscere, di sperimentare e di aprirmi al confronto con altre realtà è ciò che mi ha spinto a pensare a un progetto da candidare per il Travel Grant – spiega Susy Dal Bello. Con Pellegrinelli abbiamo valutato le diverse possibilità, prendendo in considerazione diversi centri; alla fine abbiamo selezionato la prestigiosa Mayo Clinic. Credo che creare reti di relazioni e di supporto – continua la studentessa – sia fondamentale per la crescita e lo sviluppo professionale di ognuno: è stata un’esperienza di grande valore personale e lavorativo. Ciascun operatore sanitario alla Mayo Clinic ha un ruolo definito e riconosciuto, e ogni rapporto è basato sul rispetto ed il riconoscimento reciproco del valore e delle competenze altrui. Un aspetto che ho trovato molto interessante per quanto riguarda il personale infermieristico è che in tutti i reparti è presente un Nurse educator, il cui obiettivo è quello di colmare eventuali lacune formative e programmare lo sviluppo del singolo infermiere, in un’ottica di collaborazione collettiva. Quello che ho trovato è un network interno che non rimane chiuso, ma si apre all’esterno – conclude Dal Bello. Questo è il modello assistenziale a cui aspiro”.