Epatocarcinoma e tumori delle vie biliari: nuove prospettive dal Congresso dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica
Si è tenuto alla fine di Ottobre il Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica. Nell’ambito del dibattito sui tumori del tratto gastroenterico non colon-retto, un approfondimento specifico è stato dedicato a epatocarcinoma e tumori delle vie biliari. La Professoressa Lorenza Rimassa, vice responsabile di Oncologia Medica di Humanitas e docente di Humanitas University, che ha moderato la sessione, sottolinea: «È il segno di un interesse in crescita per queste malattie e di un cambio di panorama nel loro trattamento».
L’epatocarcinoma è un tumore che origina negli epatociti, le cellule principali del fegato. Si colloca al primo posto per frequenza nell’ambito dei tumori epatici ed è particolarmente insidioso. Rappresenta uno dei tumori più comuni nel mondo e una delle più diffuse cause di morte per cancro, soprattutto in Asia e Africa. «Anche da noi è in crescita, legato a fattori di rischio come cirrosi correlata a infezione da virus dell’epatite B, C e abuso di alcol, ma anche sindrome metabolica, caratterizzata da ipertensione, diabete, sovrappeso. Quest’ultima condizione è in incremento nei paesi occidentali», sottolinea la Prof.ssa Rimassa. Sull’epatocarcinoma fino a pochi anni fa l’attenzione era relativamente bassa. «Per molto tempo abbiamo avuto un unico farmaco per curare la malattia in fase avanzata. Finalmente di recente sono emersi dati positivi anche su altri trattamenti e il panorama si è ampliato».
Nel maggio 2020 è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine uno studio multicentrico di fase III (Atezolizumab plus Bevacizumab in Unresectable Hepatocellular Carcinoma) dai risultati positivi. Lo studio ha valutato l’associazione di atezolizumab (immunoterapico) con bevacizumab (antiangiogenico). I dati indicano un miglioramento significativo in termini di sopravvivenza globale e di sopravvivenza libera da progressione di malattia rispetto a sorafenib, il farmaco che ha rappresenta l’unico standard di cura per circa dieci anni.
«La terapia medica è decisamente molto più in fermento rispetto a qualche anno fa. Studi sono in corso su diverse combinazioni di immunoterapia. Avere una terapia più efficace ci apre anche una serie di temi e scenari di studio futuri – prosegue la professoressa di Humanitas University -. Inoltre sappiamo che non tutti i pazienti rispondono positivamente, ma non sappiamo ancora perché. Ci sono molti punti di discussione aperti e c’è molto da fare in termini di ricerca».
Novità interessanti sono emerse anche sulla cura del colangiocarcinoma, una tipologia di tumore che riguarda le vie biliari. «Può essere intraepatico o extraepatico o della colecisti: sono condizioni diverse, ma trattate per molto tempo tutte allo stesso modo, con la chemioterapia. Anche qui per dieci anni si è rimasti in stallo, ma è emerso sempre più chiaramente che si tratta di patologie differenti per fattori di rischio, prognosi e alterazioni molecolari. Alcune di queste sono state individuate e possono essere bersaglio di terapie mirate ed efficaci»
La ricerca si concentra in particolare sulle mutazioni di IDH1 (Isocitrate Dehydrogenase 1) e sulle traslocazioni di FGFR2 (Fibroblast Growth Factor Receptor 2) e alcuni farmaci stanno dando risposte positive in studi di fase II e III. «I farmaci che sono allo studio possono rappresentare una valida alternativa alla chemioterapia. Stiamo entrando sempre più nel campo di una medicina di precisione che individua il singolo tipo di malattia: anche qui lo scenario sta cambiando completamente».