Discorso di apertura del prof. Luigi Maria Terracciano per l’Inaugurazione dell’Anno Accademico 2024/2025
Un caloroso benvenuto alla cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico 2024/2025 di Humanitas University.
Un sincero e particolare ringraziamento al Ministro dell’Università e della Ricerca, la Senatrice Anna Maria Bernini, per aver voluto onorare questa cerimonia con la sua presenza.
Saluto le Istituzioni presenti: il Sindaco di Pieve Emanuele e il Sindaco di Milano, l’Assessore Fermi della Regione Lombardia, così come tutte le Autorità Accademiche, Civili, Militari e Religiose. Colgo l’occasione per ricordare con particolare commozione il sindaco di Rozzano, Gianni Ferretti, scomparso alcuni giorni fa e che negli anni ha dimostrato non solo di essere un ottimo amministratore, ma anche un uomo delle istituzioni e un amico di tutta la comunità Humanitas.
Sono altresì lieto di accogliere qui oggi i Rettori e i Delegati Rettorali presenti, sottolineando il senso di appartenenza che ci unisce come comunità CRUI.
Rivolgo poi un cordiale saluto e un ringraziamento ai Pro-Rettori e ai Delegati Rettorali dell’Ateneo, per il costante, efficace e amichevole sostegno che mi assicurano quotidianamente nell’assolvimento dei miei compiti.
Saluto e ringrazio, come sempre, il Direttore Scientifico, Prof. Alberto Mantovani, così come i colleghi docenti, il personale tecnico amministrativo e, con particolare affetto, le studentesse e gli studenti.
In particolare desidero ringraziare tutti i presenti e tutti coloro che hanno lavorato per questa giornata, presenze che non si vedono ma che sono sempre essenziali.
Nel mio intervento di inaugurazione dello scorso anno accademico avevo parlato di un anno reso particolare dalla presenza nel mondo dell’ombra cupa di un’ulteriore guerra. Le università sono state attraversate da ondate di protesta e fortemente coinvolte, spesso in modo strumentale, nelle dinamiche di questi conflitti, soprattutto in quello israelo-palestinese, con momenti di forte tensione al loro interno e che hanno messo in discussione valori importanti quali l’autonomia, l’indipendenza e la libertà accademica.
In questi tempi di incertezza e crisi, si è ribadito il ruolo fondamentale del libero pensiero delle università per la costruzione di comunità stabili e autonome, dove l’educazione non è solo la trasmissione di conoscenze, ma anche un esercizio costante del dialogo, dell’inclusione e dello scambio culturale tra i vari saperi.
Per citare il Presidente Mattarella, da un millennio le Università sono la sede del libero confronto, del libero dibattito, del dialogo e della libertà di critica. Un’Università però non è istituzione avulsa dal mondo circostante ed impermeabile agli sconvolgimenti ed accadimenti internazionali.
Il suo scopo è perseguire la verità: in tale ricerca, l’Università come istituzione non può mai essere neutrale, perché crediamo nel valore della ricerca della verità attraverso l’indagine aperta, il dibattito e la valutazione delle prove, in contrapposizione alla semplice presa di posizione immediata e istintiva o alla convinzione puramente ideologica.
Ciò che consideriamo come verità varia nei diversi ambiti, dalla fisica alla poesia, così come i metodi che utilizziamo per ricercarla, che includono l’esperimento, l’interpretazione, il ragionamento e l’immaginazione creativa. Ma non importa l’ambito o il metodo: le idee nell’università sono sempre soggette a sfida, riconsiderazione e revisione alla luce di nuove prove e nuove domande, secondo i metodi e gli standard che emergono dall’esperienza delle discipline accademiche. Attraverso questa attività, l’Università svolge il ruolo sociale cruciale di contribuire alla conoscenza e trasmetterla alla generazione successiva.
L’autonomia e la libertà accademica vanno sempre difese quando minacciate – se, ad esempio, forze esterne cercano di determinare quali studenti l’università può ammettere, quali materie può insegnare o quale ricerca sostenere – comunicando in ogni caso il valore delle attività centrali dell’università.
In quanto Università la cui vocazione è formare professionisti della salute e della cura delle persone, abbiamo ritenuto nostro dovere offrire ai nostri studenti e specializzandi alcuni momenti di approfondimento e formazione sulla medicina di guerra e di catastrofi, invitando a parlare medici e infermieri che hanno portato la loro competenza per soccorrere le popolazioni afflitte da guerre e calamità. Abbiamo così ribadito che la nostra vocazione è la cura di chi è nel bisogno, senza guardare al colore della bandiera o della divisa che indossa.
Per dare vita e linfa continua ad un’Università intesa principalmente come comunità credo sia importante sottolineare alcune parole chiave che sottendono questa nostra visione di un’accademia moderna e proiettata nel futuro. Ed è attorno a queste parole che procederà la mia relazione.
Nel suo recente testo “Università generativa”, Andrea Prencipe collega il termine “innovare” al verbo latino invenire, parola dal doppio significato: il ritrovamento del passato, con lo sguardo rivolto cioè alla tradizione; e nello stesso tempo la scoperta di qualcosa di inedito e mai conosciuto prima e pertanto rivolto al futuro, ricordando una citazione attribuita a Gustav Mahler che è significativa al riguardo: “la tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri”.
Oggi le stesse Università si trovano ad affrontare sfide diverse da quelle del passato. Pensiamo solo al cambiamento demografico: l’Italia da ormai molti anni sperimenta una costante e rilevante riduzione della natalità. Nel periodo compreso tra il 2029 e il 2046 i giovani tra i 18 e i 25 anni si ridurranno di circa 1,2 milioni. Questa contrazione demografica ha numerose conseguenze nel mondo dell’Università, tra cui ricordo principalmente la sostenibilità di medio-lungo periodo degli investimenti nelle strutture e nel personale, e la capacità di mantenere una massa critica adeguata che permetta lo svolgimento e la prosecuzione dell’attività di ricerca.
Al tempo stesso, mai come ora abbiamo l’opportunità di vivere una straordinaria era di rapido cambiamento tecnologico. Nell’era della trasformazione digitale, due tecnologie, i Big Data e l’Intelligenza Artificiale, emergono come potenti catalizzatori di innovazione in diversi settori, dalla ricerca, all’industria all’amministrazione pubblica, alla formazione.
Uno dei tre Premi Nobel di quest’anno per la Chimica è andato al giovanissimo ricercatore John Jumper, che in pochi anni ha rivoluzionato l’approccio allo studio delle proteine usando proprio algoritmi basati sull’Artificial Intelligence.
La sinergia fra le potenzialità dei Big Data e dell’Intelligenza Artificiale può migliorare i processi decisionali e guidare l’innovazione in modi mai immaginati prima. Inoltre, tutte le descrizioni dell’evoluzione tecnologica digitale degli ultimi decenni sono concordi nell’indicare che la tecnologia migliora a ritmi esponenziali: ogni 18-24 mesi la potenza del computer, la velocità della rete e la capacità dei dischi per memorizzare i dati raddoppiano, così come cresce esponenzialmente il valore del servizio in rete in funzione dei dispositivi e degli utenti interconnessi.
Non mi soffermo qui sulle importantissime implicazioni etiche di questa trasformazione poiché è un tema che verrà approfondito dal nostro guest speaker Antonio Ereditato.
Il nostro compito è formare oggi i professionisti di domani, immaginando e anticipando i bisogni futuri.
L’innovazione è quindi il motore dell’università che vogliamo costruire.
Un cambiamento del modo di produzione della conoscenza è quanto mai necessario: dobbiamo attuare il passaggio da un paradigma in cui i problemi erano definiti e risolti all’interno del contesto accademico, ad uno nuovo in cui la produzione della conoscenza avviene attraverso lo sviluppo di strutture teoriche innovative e per forza di cose eterogenee.
In questa necessità ineludibile di innovazione, anche il confine tra fare impresa e fare ricerca tende a sfocare attraverso ampie aree di sovrapposizione: entrambe progrediscono attraverso la capacità di innovazione, la propensione al rischio e la gestione di costruttivi fallimenti, ma soprattutto affinando l’intuizione e la creatività.
In quest’anno accademico completeranno il loro corso di studi i primi 46 studenti di MEDTEC, un’intuizione che con il Politecnico di Milano abbiamo avuto nel 2019, primi in Europa, e che ora sta per dare i suoi frutti. La creazione del corso di laurea MEDTEC è una testimonianza tangibile della capacità di Humanitas di immaginare il futuro partendo dall’attenta osservazione del presente. Cosa avevamo visto? La possibilità di unire in una sola figura Hard Sciences e Life Sciences, per rispondere a necessità ormai ineludibili scaturite dal progresso della tecnologia e della scienza e che avevano avuto fino ad allora una risposta frammentaria e specialistica. La creazione quindi di una nuova figura di professionista che opera nel mondo della salute e che non è semplicemente un medico con competenze di bioingegneria né un bioingegnere con competenze mediche, una sorta di ircocervo, per riprendere il concetto aristotelico di chimera: è una figura che coniuga in una forma nuova entrambe le competenze in maniera coordinata, con collegamenti all’interno di un sistema totale senza confini stabili tra le diverse discipline. Si realizza così in maniera compiuta, si parva licet, quello che il padre dell’epistemologia genetica, lo svizzero Jean Piaget, definì negli anni ’70 come trans-disciplinarità, caratterizzata a differenza dell’inter-disciplinarità, dall’assenza di confini stabili delle discipline. Ma su questo concetto avremo modo di ascoltare il nostro speaker Antonio Ereditato.
Sempre nella scia della trans-disciplinarità si innesta il nuovo progetto di PhD in collaborazione con il Politecnico di Milano, che partirà nell’anno accademico 2025-26, con lo scopo di dare ai nostri studenti di MEDTEC, e non solo, un ulteriore futuro imperniato sulla ricerca – un progetto, tra l’altro, che mira al coinvolgimento anche di importanti atenei stranieri.
Ora la nuova necessità è coniugare dati, Artificial Intelligence, Humanities.
La salute di domani passerà attraverso i dati, aspetto su cui Humanitas (ospedale, ricerca, università) è all’avanguardia, i dati saranno processati dall’AI, ma abbiamo bisogno di metterli sempre al servizio del paziente.
Da qui il corso Data Sciences and Artificial Intelligence in Health Sciences in collaborazione con Bocconi, che vedrà la luce il prossimo anno accademico.
Il corso si concentrerà specificamente sull’intersezione tra data science, medicina e scienze della vita ed ha l’obiettivo di formare un professionista con conoscenze avanzate sia in ambito di data science e di analisi dati, di applicazione di Intelligenza Artificiale a procedure mediche diagnostiche e terapeutiche, sia conoscenze di base in ambito clinico-biologico, sanitario e giuridico-regolamentativo, che lo renderanno riferimento per aziende sanitarie, ricerca scientifica e sviluppo tecnologico e farmaceutico.
A supporto della cura dei pazienti e del progresso della Ricerca, abbiamo creato il nuovo 3D Innovation Lab, la cui missione è usare tutte le potenzialità presenti e future della stampa 3D per rispondere a esigenze cliniche, come la preparazione di complessi interventi chirurgici salvavita, produrre repliche di organi per la formazione, realizzare colture cellulari tridimensionali di precisa composizione e architettura, o strutture di supporto capaci di imitare le proprietà fisiche e meccaniche dei tessuti.
L’università rappresenta da sempre, dicevamo, un luogo di incontro e confronto tra culture, idee e storie diverse. La crescente globalizzazione e i flussi migratori degli ultimi decenni hanno accentuato questa caratteristica, trasformando l’università in un microcosmo della società globale, dove la diversità culturale, linguistica e sociale è sempre più presente. Questa realtà porta con sé una sfida fondamentale: promuovere una vera inclusione e valorizzare la diversità per costruire un ambiente accogliente, aperto e stimolante per tutti.
La vocazione internazionale di Humanitas University è rappresentata dalla numerosità dei paesi di provenienza dei nostri studenti del Corso di Laurea in Medicina: ad oggi il 40% proviene dall’estero.
Questa diversità è una risorsa preziosa per l’educazione superiore: permette agli studenti di confrontarsi con prospettive diverse dalle proprie, arricchendo non solo il proprio percorso accademico, ma anche umano.
Nonostante i suoi vantaggi, la diversità porta con sé naturalmente delle sfide. Le barriere linguistiche, le differenze di background economico e sociale, così come la diversità di abitudini culturali e religiose, possono rendere difficile per alcuni studenti sentirsi inclusi. In assenza di misure adeguate, c’è il rischio che si formino gruppi isolati, limitando le opportunità di interazione tra gli studenti e ostacolando l’integrazione.
È fondamentale, quindi, che l’università promuova politiche di inclusione attiva e fornisca supporto a chi si sente emarginato, per evitare che queste situazioni ostacolino l’esperienza formativa.
Abbiamo in corso (e stiamo anzi incrementando) una proficua collaborazione con l’Università Cattolica per fornire un servizio di counselling a supporto del benessere psicologico ed emotivo degli studenti, a completamento di tutte le iniziative già in essere sulla parte formativa e curriculare.
Gli stessi studenti e il personale accademico svolgono un ruolo cruciale nella promozione di un ambiente inclusivo e diversificato. Gli studenti attraverso la creazione di associazioni, societies, gruppi di studio ed attività culturali, diffondono un clima di rispetto e apertura. I docenti, d’altro canto, possono integrare nei programmi accademici una prospettiva interculturale incoraggiando il confronto, promuovendo una visione del sapere che sia veramente globale e inclusiva. Colgo quindi l’occasione per ringraziare gli studenti e la Faculty del nostro Ateneo per tutte le attività che promuovono in questa direzione.
In un momento come quello che stiamo vivendo, siamo obbligati a ripensare in maniera responsabile e innovativa ai modelli di formazione che vogliamo creare per i nostri giovani e quindi quali cittadini vogliamo per il nostro futuro.
Una internazionalizzazione valida ed efficace deve permeare le politiche generali e gli indirizzi di ateneo, le funzioni dirette a realizzare operativamente tali finalità, la produzione e la trasmissione della conoscenza.
Dobbiamo quindi accogliere e cercare ogni contributo che viene da altri paesi e altre culture, e allo stesso tempo favorire le esperienze internazionali dei nostri studenti, ricercatori e professori.
Abbiamo ascoltato dalle parole del Presidente Rocca il pericolo di una crisi profonda che sta attraversando il nostro continente. L’Europa è per noi riferimento importante: l’università occidentale, ed europea in particolare, fondata su principi come razionalismo, libertà intellettuale, senso di comunità e ricerca indipendente, ha formato generazioni di cittadini e di studiosi. Vedete alle mie spalle la foto dei due quadri che sono affissi in Rettorato: i due padri dell’Università europea, Erasmo e von Humboldt, che hanno guidato la mia formazione e la mia carriera.
In un mondo in cui tutto scorre rapidamente, il ruolo dell’università resta fondamentale. Essa è chiamata a preservare e diffondere questa eredità continuando a trasformarsi per rispondere alle esigenze del nostro tempo, senza mai tradire i suoi principi.
Tuttavia dobbiamo anche constatare che l’attrattività a livello internazionale per gli atenei italiani sarebbe molto migliorata se si intervenisse su alcuni fattori tra cui, solo per menzionarne alcuni:
- i tempi e la complessità per ottenere il permesso di soggiorno per studio;
- l’assenza di una politica capillare di borse di studio destinate agli studenti internazionali;
- il numero ancora insufficiente di azioni coordinate a livello di sistema paese per promuovere l’attrattività degli atenei italiani in generale.
Il nostro sistema universitario ad oggi è poco attrattivo per i talenti stranieri così come per i nostri cosiddetti “cervelli in fuga”, due aspetti dello stesso problema causato da complessità burocratiche e da scarse opportunità e non solo da stipendi più bassi. Il nostro auspicio è una seria ed attenta valutazione delle potenzialità dell’intero Paese verso una svolta di attrattività a livello globale.
Un esempio di nostro progetto di collaborazione internazionale è all’interno del partenariato composto da Humanitas University, Royal College of Surgeons of Ireland, Wroclaw University e Università di Medicina di Vienna.
Obiettivo del progetto è definire un programma di Faculty Development, usando un approccio evidence-based, per formare docenti che utilizzino la simulazione con focus sulla educazione interdisciplinare.
Il progetto avrà la durata di due anni e auspichiamo di ottenere come output finale la definizione di un curriculum condiviso atto a sviluppare le opportune competenze dei formatori della Simulation Medicine.
Tra i progetti di scambio internazionale, voglio qui ricordare uno dei nostri Honor Tracks, quello dedicato all’Africa, un progetto in atto ormai da diversi anni, che consente a studenti e studentesse dei nostri corsi di laurea di svolgere, dopo un adeguato percorso formativo, un periodo presso ospedali in Tanzania, Madagascar e Zambia. Questa esperienza è formativa sotto il profilo professionale, con la conoscenza di un tipo di cura della persona molto diverso da quello dei tirocini nei nostri ospedali, ma soprattutto sotto il profilo umano. Le avanzate tecnologie di cui disponiamo in Occidente sono preziose per diagnosi e terapia, mentre in questi paesi, in cui la maggior parte di esse non sono disponibili, si riscopre “l’arte” della cura della persona e dell’ascolto. Queste esperienze non sono solo patrimonio delle persone che le vivono, ma riverberano su tutta la popolazione universitaria, diventando stimolo e ispirazione per tutti noi.
Infine, prima di avviarmi a concludere, desidero sottolineare una particolare coincidenza che ci vede inaugurare il nuovo Anno Accademico nella giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, che si tiene ogni anno il 25 novembre.
Preparare i futuri medici e professionisti della salute significa per noi anche preparare persone capaci di relazionarsi in modo corretto alle vittime di violenza che purtroppo incontreranno nel loro lavoro. Per questo, grazie a un bando di Regione Lombardia, e alla collaborazione con il nostro gruppo DEI (Diversity, Equity, Inclusion) abbiamo potuto organizzare un corso di formazione rivolto a studenti e specializzandi sulla gestione dei casi di violenza. Ma questo non basta se non agiamo anche sulle radici della violenza, creando consapevolezza e facendo prevenzione. Per questo, con il supporto delle associazioni che fanno parte delle reti antiviolenza locali, e che ringrazio per essere oggi presenti, abbiamo unito gli sforzi offrendo alla popolazione studentesca e del territorio attività formative, teatrali e di sensibilizzazione sul tema, che si sono unite con le diverse iniziative proposte con costanza da diverse associazioni studentesche.
Auspico che questa sensibilità trovi sempre più spazio nei nostri valori di riferimento e nelle nostre attività.
Il futuro – parafrasando le parole di Italo Calvino sull’utopia (Italo Calvino, L’utopia pulviscolare, 1973) – è “come città che non potrà essere fondata da noi, ma fondare sé stessa dentro di noi, costruirsi pezzo per pezzo nella nostra capacità di immaginarla”.
In altre parole in Humanitas University vogliamo avere la presunzione di “essere” futuro, non soltanto “preparare” il futuro, per non rischiare di rincorrere ciò che è già avvenuto, ma prevedere, precedere il tempo per scoprire ogni fermento come momento in cui si attua l’utopia, l’ideale, il sogno, la speranza; cogliere tutto quanto si muove intorno, smascherandone la provvisorietà e spingere in avanti, consapevoli che ogni tappa è un tentativo, una fase intermedia e non la soluzione, e che il traguardo è un traguardo mobile, sempre spostato in avanti.